Ultimamente sto notando che molti installatori di impianti di sicurezza, in particolare quelli di sistemi di videosorveglianza, si preoccupano molto della privacy mentre non sempre hanno una sufficiente dimestichezza con le norme che regolamentano l’installazione di questi impianti.
La privacy è un aspetto importantissimo, soprattutto a seguito di tutto il discorso GDPR, ma sarai d’accordo con me nell’affermare che anche le norme sull’installazione non sono da meno.
Io sono dell’idea che per fare un’installazione conviene seguire le norme, soprattutto per questa tipologia impiantistica, perché:
- Ti aiutano a raggiungere la regola d’arte imposta dalla legge
- Ti forniscono delle vere e proprie linee guida su come strutturare ed installare un sistema ad hoc per quel determinato caso
- Ti consentono di realizzare un impianto perdendo meno tempo e impiegando meno risorse economiche perché hai delle linee guida da seguire e quindi non ti devi inventare nulla
- Ti permettono di evitare serie contestazioni da parte del cliente finale
Le norme CEI ci forniscono un vero e proprio schema, una mappa su come strutturare l’impianto di videosorveglianza, sia dal punto di vista tecnico, sia dal punto di vista dell’interfaccia cliente.
Se già le segui sarai consapevole che devi sottoporre e farti accettare dal cliente l’elenco delle caratteristiche dell’impianto che andrai ad installare. La norma chiama questo elenco “requisiti operativi”.
Seguendo queste indicazioni, quando andrai a fare lo start-up, difficilmente il cliente potrà avere motivo di contestarti il sistema che gli hai proposto.
La conoscenza delle norme sulla videosorveglianza è quindi il primo passo per la realizzazione di un impianto TVCC ad hoc.
In questo caso parlo delle norme CEI.
Come ben saprai, il CEI è il Comitato Elettrotecnico Italiano, ovvero un ente che pubblica le nostre beneamate normative di installazione. Le norme spesso sono pubblicate a livello europeo e poi vengono armonizzate nei vari paesi. Il problema però, a volte, è che le norme vengono pubblicate senza essere tradotte. Purtroppo in certi casi io stesso devo leggere e rileggere alcuni passaggi normativi perché non mi sono chiari nonostante siano scritti in italiano. Figuriamoci quando sono scritti in inglese…
La precedente norma sugli impianti di videosorveglianza per le applicazioni di sicurezza, la CEI 79-70, che era in italiano, è stata abrogata da qualche anno e al suo posto ci siamo trovati con la norma CEI 79-83 (CEI EN 62676-1-1).
58 pagine di cui 3 in italiano (la copertina, l’indice e la pagina finale) e 55 in inglese. Sigh!
Questo aspetto sicuramente concorre nell’avere difficolta ad applicare la norma.
Per fortuna ad aprile 2018 è stata pubblicata, in lingua italiana, la CEI 79-89 (CEI EN 62676-4).
Quest’ultima norma si occupa della scelta, pianificazione, installazione, messa in servizio, manutenzione e prove di sistemi di videosorveglianza (chiamati VSS: Video Surveillance Systems).
Bene, ora non ci sono scuse! Possiamo partire con lo studio delle norme e vedere quali sono gli aspetti che dobbiamo assolutamente tenere in considerazione quando progettiamo o realizziamo un sistema di videosorveglianza.
Prima di indicarti quali sono gli aspetti salienti della norma voglio però fare una precisazione che già avevo fatto per gli impianti di allarme. L’impianto di videosorveglianza è un impianto elettronico ed è quindi soggetto al DM 37/08.
Ne consegue che puoi realizzarlo esclusivamente se possiedi almeno la lettera B e che a seguito della sua realizzazione devi rilasciare, per obbligo di legge, la dichiarazione di conformità e tutti gli allegati obbligatori, tra cui, ricordo, il progetto dell’impianto. Sopra certi limiti il progetto dovrà firmarlo un progettista abilitato mentre sotto certi limiti dovrà firmarlo il responsabile tecnico della ditta installatrice.
Un concetto che è bene ribadire visto che in alcuni casi l’installatore fa finta di nulla e si guarda bene dal rilasciare quel “pezzo di carta” che deve consegnare al cliente per obbligo di legge e che, se fatto bene, serve per la sua tutela. Ma di questo avremo modo di parlarne in un prossimo articolo.
Così come è richiesto dalla norma per gli impianti di allarme intrusione, anche per i sistemi di videosorveglianza è necessario in primis fare una valutazione del rischio.
E’ fondamentale individuare e valutare in termini di probabilità e di impatto, le minacce e i pericoli per i locali da proteggere, per i beni in essi contenuti e per le persone che vi soggiornano.
E credimi se ti dico che spesso, quei dispositivi che trovi sui siti di vendita on line al costo di 149 euro (4 telecamere, cavi, DVR e monitor), non sono il frutto di un’accurata analisi dei rischi bensì un palliativo per chi vuole avere un impianto minimalista che il più delle volte non riesce neppure a garantire la benché minima sicurezza.
Ma andiamo avanti.
Quali sono gli aspetti minimi che devi considerare per effettuare un’analisi?
La norma fornisce alcuni esempi, che ti riporto di seguito e che ti suggerisco di sfruttare con il cliente in modo da capire cosa gli serve esattamente e, di conseguenza, proporgli un impianto che realmente soddisfi le sue esigenze facendoti così percepire come il professionista della situazione.
- Costo della perdita:
Ti sei mai chiesto qual è il valore finanziario, intellettuale, ecc. di quanto è contenuto nel luogo da sorvegliare?
Non soffermati solo a pensare ai beni di grande valore come quelli che puoi trovare nella classica gioielleria. Pensa anche al valore intellettuale che ci può essere, ad es. quello di un server aziendale. E non lo sto dicendo soltanto per i dati in esso contenuti di cui è probabile che il cliente abbia fatto il backup. Pensa invece ai dati sensibili dei suoi clienti. Sai con la normativa sulla privacy che disastro sarebbe se venisse rubato un server da un’azienda e se all’interno ci fossero dati sensibili dei clienti? Oltre al tempo per effettuare tutte le denunce del caso, il cliente rischierebbe a sua volta che gli rompano le balle per il fatto che ha messo in mano a sconosciuti i dati sensibili dei suoi clienti…
Inoltre, ti sei mai domandato quale può essere l’effetto dell’interruzione delle attività? Tornando all’esempio del server, basta pensare al caso in cui il cliente non abbia fatto il backup e si trovi ad aver perso tutto il suo archivio digitale. Potrebbe essere un danno talmente ingente da non essere neppure paragonabile al costo del server in sé per sé.
- Località:
Quali sono la qualità e l’estensione dell’eventuale sicurezza fisica presente?
La sicurezza fisica è l’insieme delle misure che prevengono e dissuadono gli attaccanti ad accedere a un locale (es. recinzione). La CEI 79-3, relativa agli impianti di allarme intrusione, ad es. se ne sbatte che ci siano le inferriate alle finestre. Inferriate o meno, se ne ricorre il caso, resterebbero comunque accessi praticabili. La CEI 79-89 per gli impianti di videosorveglianza invece è più sensibile a questo aspetto e ti chiede di valutarle e tenerle in considerazione.
La località è in un’area a rischio elevato di criminalità?
Io ad esempio abito in un paese abbastanza tranquillo in cui sono parecchi anni che non si verificano furti o effrazioni, ma basta recarsi nelle campagne della provincia ed ogni tre per due c’è un furto che i giornali riportano quotidianamente.
Sono presenti condizioni ambientali avverse?
Se ad esempio ci fosse il rischio di abbondanti nevicate, dovrai valutare l’altezza a cui ubicare i dispositivi di ripresa in modo da non essere coperti dalla neve.
- Presidio:
La località è incustodita per lunghi periodi?
Nei luoghi di lavoro in genere c’è il presidio durante le ore diurne mentre nelle abitazioni c’è presidio durante le ore notturne (anche se di solito, durante la notte, la gente dorme…). Non è sempre detto sia così, ci sono anche aziende in cui la presenza delle persone c’è anche nelle ore notturne. Non scorderò mai il viso di un operario di un’azienda in cui, durante la notte, erano entrati dei malintenzionati. Era un’industria di piastrelle in cui nel periodo diurno c’erano i vari dipendenti per la produzione dei refrattari ma la notte rimaneva solo il fuochista cioè la persona addetta al forno di cottura che per ovvie ragioni cuoceva a ciclo continuo (un forno come quello, se viene spento, poi ha bisogno di almeno tre giorni per poter tornare alla temperatura di oltre 1200 gradi). Quella notte il fuochista, che ribadisco era solo, sentì dei rumori strani… bhè, erano tre malintenzionati che erano entrati di soppiatto e stavano forzando ed aprendo tutti i cassetti delle scrivanie che trovavano in cerca di denaro o oggetti di valore. Quando se li è trovati davanti ha avuto una grossa fortuna: si sono prontamente dileguati. Poteva finire peggio, ciò nonostante il povero operaio sbiancò dal terrore e rimase immobilizzato. Quando arrivai alla mattina, chiamato dai titolari, ricordo che era ancora molto scosso. Era pallido come un lenzuolo steso e a fatica riusciva a raccontare quello che era successo.
Altre domande che puoi fare al cliente: Sono presenti guardie di sicurezza? Il pubblico ha accesso alla località?
- Precedenti furti, rapine e minacce:
Domanda se vi sono stati dei precedenti di furti, rapine, minacce nella località (come per quell’industria di piastrelle).
Se sì, informati su qual è stato il metodo di attacco in ogni caso precedente. Grazie a queste informazioni potrai avere una visione più completa e con tutta probabilità riuscirai a proporre un sistema che sia davvero ad hoc per quella determinata situazione.
Sulla base di queste prime considerazioni puoi già stilare una valutazione del rischio su uno dei 4 livelli previsti dalla norma CEI 79-83:
Livello 1 (RISCHIO basso)
Sono quei luoghi dove la probabilità di un evento indesiderato è bassa e le conseguenze potenziali sono di scarso rilievo.
E’ il classico esempio di un piccolo magazzino con prodotti di basso valore.
Livello 2 (RISCHIO medio)
Sono quei luoghi in cui la probabilità di un evento indesiderato è alta, ma le conseguenze potenziali sono di scarso rilievo (o viceversa).
Può essere l’esempio di un grande magazzino con prodotti di basso valore.
Livello 3 (RISCHIO medio-alto)
Ricadono in questa casistica quei luoghi in cui la probabilità di un evento indesiderato è bassa, ma le conseguenze potenziali sono di rilevanza elevata (o viceversa).
Può essere l’esempio di un grande magazzino con prodotti di basso valore ma in zona ad alto rischio oppure l’esempio di un piccolo magazzino con prodotti di altissimo valore ma in zona a basso rischio.
Livello 4 (RISCHIO alto)
Sono quei luoghi dove la probabilità di un evento indesiderato è alta e le conseguenze potenziali sono di rilevanza elevata.
Ad esempio ricade in questo caso un grande magazzino con beni di grande valore, in particolar modo se è ubicato in una zona a rischio.
Ho volutamente fatto degli esempi menzionando solo magazzini in cui sono contenuti dei beni. Va da sé che tu dovrai applicare queste considerazioni al tuo caso specifico. Ad esempio, una banca con il caveau in cui è custodita carta moneta, che livello di rischio potrà avere? Bhè, direi alto senza ombra di dubbio.
Una volta stabilito il livello di rischio per il tuo caso specifico, dovrai realizzare un sistema che rispetti i requisiti minimi stabiliti per ottenere un impianto di videosorveglianza con un idoneo livello di sicurezza.
Attenzione! I sistemi di videosorveglianza sono costituiti da vari blocchi funzionali. Per garantire un determinato grado di sicurezza, tutti i singoli blocchi funzionali devono appartenere almeno al grado di sicurezza desiderato. Diversamente l’intero sistema prenderà il livello più basso appartenente a uno dei blocchi.
Ma quali sono questi blocchi funzionati di cui ti parlo?
Il primo è composto dai dispositivi di acquisizione delle immagini (le telecamere).
Il secondo è quello dei dispositivi di gestione delle immagini (DVR, NVR, monitor, storage, ecc.).
Il terzo è quello che permette l’interfacciamento tra i primi due ovvero le interconnessioni.
Ora invece mi concentrerò su di un altro aspetto estremamente importante che indica la norma: l’illuminazione.
Se c’è già un impianto di illuminazione esistente, devi valutarla termini di livello, direzione e contenuto spettrale. Le sorgenti luminose ottimali sono quelle il cui spettro è più adatto alla risposta del fotosensore. Questo significa che non ti basta essere un esperto di telecamere, ma che devi conoscere anche le basi di illuminotecnica e la differenza tra le varie tipologie di sorgenti luminose (LED, ioduri metallici, vapori di sodio, ecc.).
Se è necessaria un’illuminazione supplementare devi stabilire il numero, il tipo, l’ubicazione e la potenza delle nuove sorgenti luminose prendendo in considerazione i parametri e gli aspetti indicati nella norma CEI 79-89 che ti elenco di seguito.
Devi infatti valutare:
- l’efficienza luminosa e le prestazioni fotometriche della sorgente luminosa;
- la forma della zona da sorvegliare con le telecamere: stretta o larga, “a spot” o a faro;
- la sensibilità e la risposta spettrale delle telecamere, in particolare di quelle a colori;
- il fattore di riflessione dei materiali che costituiscono la maggior parte della zona sorvegliata;
- il ritardo impiegato dalla lampada per raggiungere la potenza luminosa specificata dopo l’attivazione dell’alimentazione (ad esempio le lampade a ioduri metallici, da fredde, impiegano qualche minuto per andare a regime mentre impiegano svariati minuti se sono calde perché prima devono raffreddarsi prima di riaccendersi);
- la perdita di potenza luminosa della lampada a causa dell’invecchiamento. Ad esempio gli apparecchi di illuminazione a LED possono subire degradazioni importanti (ne parlo nei miei corsi sull’illuminotecnica in cui puoi scoprire come non farti fregare sulla durata di vita dei LED). Per erogare un livello costante di illuminazione per tutta la vita dell’apparecchio potrebbe essere necessario un meccanismo di compensazione del flusso luminoso come hanno previsto alcuni produttori.
Le nuove sorgenti di illuminazione che installerai devono essere in grado di permettere la fruizione di immagini accettabili in tutte le probabili condizioni di funzionamento.
Devi fare in modo che l’illuminazione della zona sorvegliata sia il più possibile uniforme onde evitare la presenza di zone con illuminazione molto bassa. Devi quindi prevedere una certa uniformità mantenendo il rapporto tra l’illuminazione massima e l’illuminazione minima nella zona coperta di una qualsiasi inquadratura con un rapporto idealmente pari a 10:1 o migliore.
Per contro la direzionalità della luce può essere fondamentale. Se presti attenzione alla direzione dell’illuminazione puoi ottenere immagini migliori. Per il rilevamento di un intruso è bene cercare di produrre il massimo contrasto tra il bersaglio e lo sfondo. La presenza di un oggetto infatti può essere più facilmente rilevata se la sua luminosità è diversa da quella del suo sfondo.
Quando ti sarà possibile, installa l’illuminazione in modo da non pregiudicare la qualità dell’immagine fornita dalla telecamera, per esempio evitando che vengano prodotti annebbiamenti da calore nel campo visivo. Le luci non devono essere poste direttamente di fronte alle telecamere perchè potrebbero creare abbagliamenti o comunque potrebbero influire negativamente sulla qualità delle immagini. La posizione preferibile per la luce è sopra la telecamera tuttavia ti conviene tenerla ad una distanza di almeno 2 m da questa. Le sorgenti luminose infatti, soprattutto d’estate, attraggono insetti che se ronzano di fronte all’obbiettivo possono pregiudicare la qualità delle immagini.
Un ulteriore consiglio è di fare in modo che la telecamera non riprenda la scena attraverso fasci di luce intensa inoltre, se puoi, cerca di ubicare le sorgenti luminose a breve distanza dall’oggetto da sorvegliare.
Inutile dirti di stare attento alle gocce di pioggia, ai fiocchi di neve e alle foglie cadenti che, in caso di illuminazione artificiale o di illuminatori IR, possono creare fenomeni poco piacevoli nelle riprese.
Ricordati anche di installare tutti gli apparecchi di illuminazione, compresi quelli non visibili, nel rispetto della distanza minima di sicurezza per evitare danni agli occhi.
La norma indica inoltre che devi prevedere un accesso sicuro alle lampade per permettere la loro sostituzione. Prescrizione alquanto discutibile visto che non puoi sapere cosa andrà ad installare il cliente in prossimità del punto in cui hai installato l’apparecchio di illuminazione. Ad ogni modo, se all’atto dell’installazione fossero già presenti degli ostacoli che renderebbero difficile la manutenzione, è opportuno che tu ne tenga conto.
Se è necessaria l’identificazione precisa di una persona, ti suggerisco di orientare le sorgenti luminose nella direzione di movimento prevista, cioè illuminando le facce dei bersagli. E ricordati l’importanza di un mantenimento costante del carattere dell’illuminazione prediligendo sorgenti luminose che non abbiano un cambiamento rapido delle condizioni di illuminazione come avviene ad es. all’accensione di una lampada a ioduri metallici o ai vapori di sodio.
Se ti accorgi che è necessaria una sorgente di illuminazione supplementare, ma il committente non desidera integrare l’impianto di illuminazione, potresti usare faretti o illuminatori a raggi infrarossi e telecamere sensibili ai raggi infrarossi, o telecamere con illuminatori a raggi infrarossi incorporate (queste ultime devi valutarle attentamente soprattutto nel caso di analisi video in quanto una telecamera con illuminatore ad infrarossi incorporato, in caso di pioggia, ma soprattutto in caso di nebbia fitta, può creare effetti tali da precludere la corretta visione delle immagini riprese e di conseguenza inficiare l’analisi video).
Proprio riguardo agli infrarossi può essere interessante valutare l’utilizzo di apparecchi d’illuminazione con ottiche asimmetriche così che possano contribuire nell’evitare un’esposizione disomogenea della scena.
Nel caso in cui l’illuminazione non sia ottimale, in alternativa ad un rifacimento/ampliamento dell’impianto di illuminazione, puoi anche valutare l’uso di telecamere ad alta sensibilità o con obiettivi veloci e con grandi aperture di diaframma. E qui, oltre alle norme, te la devi giocare con l’esperienza.