DPCM e imprese chiuse: profili di illegittimità

DPCM e imprese chiuse: profili di illegittimità

di Alessandro Mario Malnati – Contitolare Studio Legale GMV di Varese

Con il prolungarsi delle misure emergenziali anti-Covid si sollevano sempre più spesso, non solo fra gli esperti di diritto, dubbi sulla legittimità di chiusure e limitazioni, peraltro così afflittive per le nostre imprese. Interessante, fra molte, una pronuncia del Tribunale ordinario di Roma resa in un procedimento per sfratto: l’imprenditore, essendo rimasto chiuso, non aveva avuto modo di incassare né, quindi, di procurarsi la disponibilità per pagare i canoni; di qui l’intimato sfratto. Al di là del merito vicenda, il giudicante coglie l’occasione per affermare l’illegittimità dei DPCM ritenendoli contrari (anche) a Costituzione.

Il Tribunale capitolino (VI sez. civ., ord. 45986/2020 R.G. del 16 dicembre 2020) stima che la chiusura delle attività d’impresa o la loro limitazione (ma la riflessione potrebbe valere per ogni limitazione e/o prescrizione dall’uso delle mascherine all’obbligo di verifica della temperatura alla limitazione di capienza degli esercizi, ecc.) non sia effetto diretto del virus ma delle norme governative che, «sul presupposto della esistenza di una emergenza sanitaria, hanno compresso o addirittura eliminato alcune tra le libertà fondamentali dell’Uomo».

DPCM non scavalca la Costituzione

Il Tribunale prosegue prendendo atto che tali limitazioni sono state disposte con Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM) i quali, non essendo atti normativi in senso stretto (lo sono la Costituzione, le leggi, gli atti aventi forza di legge, i regolamenti normativi) bensì meri atti amministrativi (decisioni discrezionali di una pubblica amministrazione), sono, come tali, sottoposti ai primi essendo obbligati a rispettarne i limiti da  questi ultimi stabiliti. I DPCM, prosegue quindi il Tribunale, non possono condizionare e meno ancora sospendere diritti costituzionali, fra i quali quello di esercitare liberamente la propria attività d’impresa; diritti che potrebbero (peraltro solo in parte) essere eventualmente compressi o regolamentati solo ad opera della legge o degli atti ad essa equiparati.

DPCM non ha fondamento giuridico

E’ opinione del giudicante, poi, che tali DPCM siano stati emanati oltretutto in base ad un potere straordinario (che comunque non consentirebbe la limitazione di diritti fondamentali) che troverebbe la sua legittimazione solo in seguito alla dichiarazione dello stato di emergenza del 30/01/2020; tuttavia, anche tale dichiarazione sarebbe stata resa in violazione di legge in quanto la Costituzione prevede, per la concessione di tali poteri speciali al Governo, il solo caso della dichiarazione di guerra (deliberata dal Parlamento), mentre, per altro verso, il D.Lgs. 1/2018 (Codice della Protezione Civile) non legittima alcuna dichiarazione dello stato di emergenza per rischio sanitario. Ritenendo illecita la dichiarazione dello stato di emergenza, il Tribunale conclude che siano illegittimi anche tutti gli atti che in tale dichiarazione dovrebbero trovare la loro legittimazione compresi, quindi, quelli che dispongono chiusure o limitazioni di attività.

Invalidi anche i DL?

Neppure i decreti legge emanati nel frattempo (“io resto a casa”, “cura Italia”, ecc.), sebbene atti aventi forza di legge, rendono legittime le limitazioni imposte ai diritti fondamentali, mancandone, così argomenta il Tribunale, i necessari presupposti di fatto e di diritto e non avendo tali decreti specificato precisamente quali poteri venissero demandati in via speciale al Governo (come pure sarebbe dovuto), né i termini di durata degli stessi; peraltro considerato che la durata dello stato di emergenza ex D.Lgs. 1/2018 non può durare oltre 180 giorni, prorogabili una sola volta per altri 180 giorni massimo, a tutto voler concedere, essendo stato tale stato di emergenza dichiarato il 30/01/2020, esso non potrebbe in ogni caso estendersi oltre il 24/01/2021.

Carenza di motivazione?

Secondo il Tribunale poi, i DPCM sarebbero carenti anche di  motivazione che viene giudicata essere di mero di stile, o incomprensibile, o confusa e, peraltro, addirittura secretata; aspetto quest’ultimo sul quale di recente si è pronunciato negativamente anche il Consiglio di Stato (decr. n. 304 26/01/2021) nonché, ancor più recentemente, il TAR Lazio (sent. n. 2102 19/02/2021) ritenendo illegittimo l’obbligo delle mascherine a scuola.

(Fonte: www.secsolution.com)

 

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